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Dalla separazione all’affidamento condiviso

Con la legge 8 febbraio 2006 n.54 viene superato il concetto di affidamento esclusivo o monogenitoriale. Dopo lungo e animato dibattito la legge 8 febbraio 2006 n. 54 ha riformato la materia dell’affidamento dei figli in sede di separazione, annullamento, cessazione degli effetti civili del matrimonio.
L’approvazione della legge è stata motivo di grande soddisfazione per i genitori non affidatari dei figli minori e ragione di qualche preoccupazione per gli operatori del diritto (avvocati e magistrati), soprattutto a causa delle informazioni inesatte e fuorvianti che spesso vengono dai media, più impegnati a cogliere ed enfatizzare le note di colore e di costume piuttosto che a fornire un’informazione esatta in una materia tanto delicata.
La legge si ispira all’esigenza di superare il concetto di affidamento esclusivo o monogenitoriale che nel sistema previgente rappresentava la regola. Nella pratica quotidiana spesso il genitore non affidatario (generalmente il papà) si sente estromesso dalla partecipazione alla vita ed alle decisioni piccole e grandi che riguardano i figli.
Il rapporto del genitore non affidatario con i figli rischia di ridursi in qualche caso alla sola erogazione di denaro (contributo per il mantenimento) ed alla frequentazione per qualche ora due/tre volte alla settimana. Tale sensazione di esclusione viene talvolta affiancata anche da senso di frustazione ed impotenza di fronte ai frequenti comportamenti ostruzionistici del coniuge affidatario (il figlio è mio, vive con me e decido io se e quando fartelo vedere) che purtroppo non sempre trovano adeguato deterrente nella legge e nei giudici, anche perchè è bene sapere che nelle questioni che riguardano i minori, gli strumenti processuali vanno usati con grande parsimonia e lungimiranza.
La legge intende superare il concetto di monogenitorialità in favore della bigenitorialità, con l’obiettivo di escludere i figli minori dalla “contesa” tra i coniugi. L’affidamento condiviso diventa l’ipotesi normale, mentre quello esclusivo (ad uno soltanto dei genitori) rimane la soluzione residuale, da adottare con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole.
Il giudice deve valutare quale sia l’interesse del minore e pertanto, in presenza di casi particolari (violenza, tossicodipendenza ecc. ) oppure di situazioni eccessivamente conflittuali tra i genitori, può adottare provvedimenti che escludano l’ipotesi dell’affidamento condiviso. Il giudice può disporre infatti l’affidamento del figlio ad uno solo dei genitori qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento condiviso sia contrario all’interesse del minore. Anche in caso di accordo tra i genitori, il giudice deve valutarne la rispondenza all’interesse del minore.
In caso di affidamento condiviso, la potestà genitoriale viene affidata ad entrambi i genitori. Le decisioni di maggior interesse per i figli (educazione, scuola, salute) sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali, delle aspirazioni dei figli. Se c’è disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Riguardo alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può ripartire le competenze tra i genitori.
Quello della residenza del figlio in regime di affidamento condiviso è un problema pratico di particolare importanza. Il minore non può essere considerato come un “pacco postale”, quindi la soluzione preferibile è la sua permanenza presso l’abitazione di uno dei genitori.
In ogni caso il giudice stabilisce i tempi e le modalità della presenza del figlio presso ciascun genitore nonché la misura ed il modo in cui ciascuno di essi deve contribuire al suo mantenimento. In caso di accordo tra i genitori (consensuale) è preferibile, anche in regime di affidamento condiviso, provvedere alla regolamentazione della frequentazione del genitore non convivente che possa servire da bussola nelle fasi di più accesa conflittualità sempre dietro l’angolo.
I genitori hanno il diritto di chiedere in ogni momento la revisione delle disposizioni riguardanti i figli. Tali richieste devono essere però motivate e finalizzate al perseguimento dell’effettivo interesse del minore, il che può avvenire per ragioni legate alla crescita del figlio, alle sue aspirazioni ed ai suoi desideri ed anche al mutamento delle condizioni personali dei genitori. Infine l’amore, l’umanità ed il buon senso. Queste parole non si leggono nei codici e talvolta sono concetti che non trovano purtroppo ingresso nelle aule di giustizia.
L’amore per i figli da parte dei genitori, l’umanità e buon senso degli operatori del diritto sono e devono sempre restare i capisaldi dell’agire di ognuno, il faro che non bisogna mai perdere di vista.

 


Commenti

2 risposte a “Dalla separazione all’affidamento condiviso”

  1. Mi scusi, ma altro che “pacco postale”!
    Il tema dell’Affidamento Condiviso va secondo me affrontato con RESPONSABILITA’ e LIMITAZIONE DEL DANNO per il minore.
    Il concetto di interesse del minore nelle separazioni non esiste, perché ne riceve solo nocumento.
    Alcuni di più, alcuni di meno, ma TUTTI i bambini ne pagano le conseguenze.
    Ognuna delle parti deve assumersi le proprie responsabilità di aver fatto un figlio con l’altra e AD OGNI COSTO deve garantire ai propri figli la bigenitorialità. In questo senso il “costo” del genitore DEVE passare in secondo piano, come pure lo sforzo per trovare, se non l’accordo, almeno una certa convergenza di stili educativi.
    Per quanto riguarda i minori bisogna mettere in atto strategie che LIMITINO I DANNI, scegliendo OBLIGATORIAMENTE il MALE MINORE.

    Non si può arrecare un danno per ovviare a un disguido.

    L’ALTERNANZA ABITATIVA, nonostante sia un disguido per il bambino, (certo per lui sarebbero meglio due genitori uniti e conviventi) è l’unica soluzione per ovviare al vero DANNO: l’assenza del padre, o dell’altro genitore, con tutti i DANNI che questo comporta al figlio.
    La capacità di adattamento dei bambini alle varie situazioni è sempre stata notevole. Per contro, anche l’adattamento alla perdita di un genitore può avvenire, ma questo provoca dei DANNI dimostrabili e dimostrati.
    L’unica via per preservare il minore non resta che LA SCELTA DEL MALE MINORE: due genitori, due famiglie, due case.

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